L’edificio che ospiterà il futuro “Centro di conservazione per i beni culturali” sarà realizzato nei pressi del Mulino Aino. Garantirà un’adeguata conservazione e valorizzazione delle numerose testimonianze della storia e della cultura locale affidate al Museo poschiavino che non trovano posto nelle sedi museali. Nell’intervista che segue Paolo Raselli, presidente del Museo, delinea i contorni della situazione.
Gli oltre 6’000 oggetti appartenenti al Museo poschiavino che non sono esposti, ma che devono essere conservati per le generazioni future, sono depositati in diversi magazzini d’emergenza e in condizioni non ottimali. La situazione odierna e le circostanze che l’hanno generata sono state approfondite in un precedente articolo grazie all’analisi di Gustavo Lardi, attivo per decenni in seno al Museo.
Una soluzione a un problema di lunga data
Effettivamente una soluzione urge da parecchi anni. Ma un museo con risorse finanziarie e umane contenute come le nostre deve affrontare le priorità una alla volta. Dopo aver portato a termine altri progetti e aver creato le premesse necessarie per affrontare questo nuovo compito, ora i tempi sono maturi.
Oggetti accatastati in magazzini sparsi per la valle. Condizioni di conservazione non soddisfacenti. Difficoltà di reperibilità di molti beni, solo in parte inventariati. Contratti d’affitto a costante rischio recessione…
È proprio una spada di Damocle che pende da tempo sul capo della Commissione direttiva del Museo. Ma ora abbiamo finalmente trovato la soluzione ideale. Il pianificato “Centro di conservazione per i beni culturali” diventerà l’unico luogo di raccolta, oltre al Palazzo De Bassus-Mengotti e alla Casa Tomé. Gli oggetti saranno selezionati e inventariati, ne sarà valutato lo stato e saranno trattati di conseguenza, collocati adeguatamente ed esposti in modo tale che possano essere accessibili al pubblico.
Non solo conservazione, dunque, ma anche valorizzazione?
Certo, per noi è importantissimo che anche questi oggetti di valore storico, culturale o artistico, tutti legati alla realtà valposchiavina, possano essere valorizzati. Il nuovo centro sarà dunque una sorta di secondo museo extra muros. Un edificio moderno pensato apposta per questi beni, con umidità, temperatura ed effetti atmosferici adeguati. Prevede anche un locale di decontaminazione per certi oggetti, quelli in legno per esempio, che potrebbero essere intaccati dal tarlo: lì saranno trattati prima di essere sistemati nei vari spazi e documentati, in modo che possano continuare a raccontare il passato della vita valposchiavina.
Come si è arrivati a questa soluzione?
Abbiamo valutato diverse opzioni, per noi concretamente e finanziariamente sostenibili, come per esempio la possibilità di acquistare un terreno edificabile oppure un edificio già esistente, ma la disponibilità era soprattutto di fienili in legno e quindi poco idonei per il rischio di trasmissione dei tarli. Poi, su segnalazione del Mulino Aino, abbiamo saputo che la falegnameria Gervasi presso il ponte di Aino, S. Carlo, era ormai dismessa. Siamo riusciti ad acquistarla e ora sarà demolita per lasciare spazio a uno stabile nuovo in legno.
Quali sono i maggiori punti di forza del progetto?
L’edificio pianificato rappresenta una soluzione architettonica bella e funzionale. Il progetto è di Urbano Beti, che da anni collabora con il Museo poschiavino ed è membro del Consiglio di fondazione. L’ubicazione poi è ideale: tutta l’area circostante è di proprietà del Mulino Aino. La vicinanza al centro artigianale preindustriale – una realtà museale all’aperto ben consolidata che persegue gli stessi obiettivi del Museo – è un valore aggiunto, può portare a sinergie interessanti. Siamo inoltre certi che sarà un’attrazione anche per i turisti: questi centri di conservazione visitabili stanno prendendo sempre più piede in Svizzera, anche se ancora poco noti. Consentono di fare un’esperienza diversa rispetto alle normali visite ai musei tradizionali.
Come viene finanziato?
I costi si aggirano sui CHF 600’000: comprendono l’acquisto del fondo e della vecchia falegnameria, la sua demolizione, la progettazione e costruzione del nuovo edificio, l’arredo interno, l’allestimento degli spazi… È una cifra enorme per noi, ma possiamo contare su una solida rete di finanziatori che spesso ci sostiene.
Il Museo finanzierà poco più della metà dei costi totali con un’ipoteca e attingendo ad accantonamenti appositamente creati. La quota rimanente è già coperta da sponsor e finanziatori, fra cui il Comune di Poschiavo, che ci appoggia sempre molto bene, dimostrando grande fiducia nel nostro operato. La realizzazione è perciò assicurata.
Il finanziamento non intacca quindi la gestione del Museo?
Assolutamente no. Per questo progetto abbiamo fatto un preciso piano di finanziamento e ammortamento a lungo termine che permette di gestire bene la situazione e di non sottrarre fondi alla gestione corrente del Museo e alle attività che regolarmente proponiamo.
Per quando è prevista la realizzazione del nuovo centro?
I lavori di demolizione della vecchia falegnameria e la costruzione del nuovo centro inizieranno nel mese di maggio e saranno completati nel 2020.
L’operazione di selezione degli oggetti, della loro valutazione, inventariazione e sistemazione definitiva durerà comunque ancora per alcuni anni.
Qual è l’auspicio del Museo per questo progetto?
Il compito principale del Museo poschiavino è quello di conservare e documentare gli oggetti affidatigli dalla popolazione e consegnarli ai posteri nelle migliori condizioni possibili, in modo che possano ancora parlare alle generazioni future e mostrare loro le proprie radici. Ci teniamo che i valposchiavini comprendano la necessità della realizzazione del Centro di conservazione quale passo indispensabile per adempiere a questo mandato a favore del prezioso patrimonio comune che i beni conservati costituiscono.
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